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"...eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto si volgerá nuovamente al bene,che ritorneranno l'ordine, la pace, la serenitá"Annalies Marie Frank
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Dopo 50 anni lo stato di Israele non è ancora stato accettato!

Scriveva Theodor Herzl nel suo libro "Lo Stato Ebraico": Nessuno è abbastanza ricco per trapiantare un popolo da una dimora a un'altra. Ciò può farlo solo un'idea. L'idea dello Stato ebraico possiede una tale forza. Durante l'intera notte della sua storia, gli Ebrei non hanno cessato di sognare questo sogno regale: "l'anno prossimo a Gerusalemme". "E' la nostra antica parola" e ancora scriveva Herzl "io credo pertanto che crescerà dalla Terra di Israele una generazione di Ebrei meravigliosi: i Maccabei risorgeranno: Ancora una volta sia ripetuta la parola detta in principio: gli Ebrei avranno il loro Stato. Dobbiamo una buona volta vivere come uomini liberi sulla nostra zolla e morire tranquillamente nella nostra propria patria."

Theodor Herzl non ha visto nascere lo stato di Israele, non sa che esiste Israele una città che porta il suo nome e non sa che dopo 50 anni dalla fondazione dello stato ebraico gli ebrei non possono ancora morire tranquillamente nella loro patria ma vengono uccisi, vengono fatti saltare per aria da bombe. Devono convivere con il terrorismo come in Europa, durante la notte della loro storia, dovevano convivere con i pogrom: Questi nuovi ebrei, questi ebrei di Israele sono meravigliosi, sono diritti, abbronzati, belli, orgogliosi, coraggiosi, vivono nella loro nazione creata sulla desolazione del nulla, camminano a testa alta, non strisciano più contro i muri per non farsi notare dai Gentili come succedeva a Vilna a Odessa, a Parigi. Il sogno, il grande incredibile sogno è stato realizzato ma la realtà è diversa, i nostri vicini ci odiano e ci vogliono morti.

E' stato costruito un paese ed è stata creata una luminosa democrazia in una regione, il Medio Oriente, che non conosceva questa realtà e che continua a dimostrare di non accettarla. Ma non volevano tutto questo odio. I moderni Maccabei devono continuare a combattere e devono vincere per poter sopravvivere. Un popolo non può soffrire più di quanto non possa sopportare, senza impazzire e il popolo ebraico sta sopportando troppo, duemila anni di persecuzioni in Europa e poi guerre e terrorismo in Israele e, come se non bastasse, la condanna del mondo intero se per difenderci si deve inevitabilmente anche uccidere.

Se in Israele si muore di terrorismo il mondo si rattrista ma pare che non esistano colpevoli, Arafat non viene mai accusato dalla comunità internazionale, se le vittime sono arabe allora arriva subito il messaggio dal mondo, il severo massaggio: "Israele, vergogna!". Dobbiamo subire sempre il danno e la beffa e forse la beffa è troppo dura da sopportare.

Continuano a risuonare nelle orecchie le parole di Kofi Anan, segretario generale dell'ONU: "Non dobbiamo umiliare Saddam Hussein". Non umiliare Saddam Hussein assassino della sua famiglia, di migliaia di curdi bruciati con le armi chimiche per non parlare delle aggressioni ai paesi vicini e del suo desiderio di distruggere Israele come tentò invano di fare con 39 missili durante la Guerra del Golfo. Con queste parole nelle orecchie ho seguito con rabbia e dolore la visita vergognosa di Robin Cook ministro degli esteri inglese in Israele. Il signor Cook forse per rifarsi una verginità agli occhi degli arabi dopo l'adesione del suo governo ad un nuovo attacco all'Irak, forse per pura antipatia nei nostri confronti, non ha esitato a umiliare Israele, il suo governo, il suo primo ministro, il suo popolo e con arroganza e prepotenza ha iniziato e concluso la sua visita nel nostro paese. Come Cook si è comportato il presidente Chirac durante la sua visita di un anno fa. Come Cook e Chirac si è comportato Oscar Luigi Scalfaro quando, dal Libano, ha ordinato a Israele di ritirarsi dalla fascia di sicurezza senza menzionare neppure casualmente l'occupazione siriana di tutto il terrotorio libanese.

Ora con le parole di Kofi Anan nelle orecchie io mi chiedo: perché tanta attenzione a non umiliare gli arabi anche se aggressori, anche se assassini, anche se dittatori e nessun rispetto per Israele? Come si permettono di trattarci così?

Non so rispondermi.

Israele da fastidio, come davano fastidio gli ebrei in Europa, Israele dopo 50 anni è ancora una realtà non accettata e che sia per servilismo verso i ricchi stati arabi o per semplice antipatia, non fa differenza. Quà si continua a morire e essere odiati.

Il sogno era meraviglioso, siamo portatori di una splendida ideologia ma non si può chiedere troppo a un popolo. Ben Gurion aveva detto "Lavoriamo insieme ebrei e arabi..."

Parole, sogni, utopia.

La realtà è stato odio e desiderio di distruggere questa piccola democrazia che si è posta come una spina di fronte all'immensa teocrazia araba. Esiste però oggi un momento in cui realtà e sogno si uniscono, perché stiamo festeggiando con commozione il cinquantesimo compleanno di Israele ricordando e piangendo i nostri ragazzi morti per la nostra sopravvivenza e tutti i nome, ventimila, verranno fatti scorrere per una notte e un giorno interi, senza interruzione, su un canale della televisione israeliana proprio il giorno prima della Festa dell'Indipendenza e dal dolore e col pianto ancora in gola Israele tutto scoppierà in un urlo di gioia. Ognuno di noi, in cuor suo, nutrirà la speranza che adesso la realtà si trasformi in sogno realizzando il progetto di Theodor Herzl: "Quel che là tenteremo verrà ad esercitare un'azione potente e benefica a pro degli uomini tutti".

Deborah Fait

All'Associazione Italia Israele delle Marche

In occasione della cerimonia che ricorderà il 50° compleanno di Israele nella Vostra regione, voglio esservi vicina con tutta la mia commozione. Vivo da quasi tre anni in questo paese che amo più che mai e proprio per l'amore che gli porto, conoscendo ormai a fondo il coraggio e la disperazione della sua gente che è il mio popolo, non riesco a non pensare che la pace e la serenità, come dicono le parole di Anna Frank, non sono ancora arrivate per il mio popolo.
Non c'è la pace e io non credo nella pace con Arafat. Non è facile credermi ed è assolutamente sbagliato darne la colpa al Primo Ministro Benjamin Netaniahu. Se fare la pace con Arafat fosse stato così semplice ci sarebbe riuscito Rabin prima e Peres dopo, invece anche loro non sono riusciti ad andare oltre alla firma di Washngton.
Dopo sono continuati gli attentati terroristici che hanno insanguinato Israele da Haifa ad Askelon con centinaia di morti. Nonostante ciò Arafat è stato dato, vergognosamente il premio Nobel per la pace ed è questo che lui voleva, oltre ai soldi, è per questo che è andato a Washington con il povero Rabin.
Ma la pace è un'altra cosa, non è una firma su un pezzo di carta.
Non credo nella pace e mi dispiace doverlo ammettere perché tre anni fa ero convinta che si potesse realizzare, ma vivevo in Italia e vi assicuro che vivendo al di fuori di Israele non si può nemmeno immaginare la situazione e la sua gravità. Nonostante tutto mi auguro che vengano tempi migliori e che Israele sia accettato non solo nel mondo arabo ma anche nel mondo occidentale, solo allora potremo tirare un sospiro di sollievo.
Non lasciate che Israele si senta sempre tanto solo.
Vi ringrazio e vi auguro un cordiale Shalom e insieme a voi auguro a Israele e al suo popolo una festa senza attentati e senza morti e un futuro con un po' di speranza.
Deborah Fait

Associazione di Amicizia Marche Israele - Pagina attiva dal 1995 - E mail: aami@eclettico.org
Ultimo aggiornamento: 16/01/10