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"...eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto si volgerá nuovamente al bene,che ritorneranno l'ordine, la pace, la serenitá"Annalies Marie Frank
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Una camminata nel fango

The Economist del 15 Aprile 2000

La causa per diffamazione persa da David Irving non solo lo bolla come un negatore dell’Olocausto, ma dovrebbe anche togliere ogni dubbio che, prima che uno storico, sia sempre stato soprattutto un attivista con motivazioni politiche.

Nella conferenza stampa seguita alla sua vittoria, questa settimana, nella sua causa per diffamazione, Deborah Lipstadt, una storica statunitense che David Irving aveva querelato per averlo etichettato "negatore dell’Olocausto", ha detto che il momento più commovente dei tre mesi della sua vicenda giudiziaria è stato quando è stata "attorniata dai sopravvissuti [dell’Olocausto]" mentre usciva dal tribunale per l’ultima volta. Questo è una prova delle passioni suscitate da uno dei casi più complessi e carichi di emotività della storia legale recente della Gran Bretagna.

La Lipstadt e la sua casa editrice, la Penguin Books, erano stati querelati da Irving, che ha rappresentato sé stesso in tribunale. Irving ha sostenuto che la Lipstadt l’avesse diffamato nel suo libro del 1994 "Denying the Holocaust: the Growing Assault on Truth and Memory" ["La Negazione dell’Olocausto: l’attacco crescente contro la Verità e la Memoria", N. d. T.]. E’ sembrato che nessuno tranne Irving abbia apprezzato le settimane in cui si è scavato minuziosamente nei dettagli spesso orrendi della storia del regime nazista. Come ha detto la Lipstadt, "Abbiamo dovuto camminare nel fango per arrivare dall’altra parte".

Al cuore del caso c’è stata la tesi di Irving che egli sia uno storico onesto, serio ed obiettivo. Irving ha sostenuto di avere dimostrato, per mezzo dell’applicazione della consueta metodologia di indagine storica, fra le altre cose, che Hitler non fosse a conoscenza dell’Olocausto, che ad Auschwitz le camere a gas non ci fossero e che non ci fosse stato alcuno sterminio programmato e sistematico degli ebrei europei durante la seconda guerra mondiale.

Irving, che attualmente ha 62 anni, dopo aver scritto molti libri sul regime nazista ha, in effetti, acquisito la nomea di uno studioso diligente, instancabile e metodico. Il rispetto che le sue opere hanno generato ha comportato che alcuni storici abbiano accolto la sentenza di questa settimana con un certo dispiacere, perfino con disagio. Donald Cameron Watt, già professore di storia internazionale all’università di Londra, ha scritto di quanto abbia imparato ad ammirare la professionalità di Irving quando ha collaborato con lui in alcune ricerche molti anni prima. "Nessuno dei suoi libri ha mai mancato di produrre nuove prove" ha fatto rilevare Watt.

Sul Daily Telegraph John Keegan, uno storico militare molto rispettato, ha lodato di Irving "la straordinaria abilità nel descrivere e nell’analizzare il modo in cui Hitler ha condotto le sue operazioni militari". Keegan, inoltre, è stato chiaramente colpito dal portamento di Irving nell’aula di tribunale: "E’ un uomo grande e grosso, forte, bello, vestito in modo eccellente, con l’aria di un principe del foro…che, con un tono di voce fermo ma cortese, fa domande precise che dimostrano la sua conoscenza dettagliata di un’enorme mole di materiale."

Il desiderio di Keegan e di Watt di essere obiettivi e di non colpire un uomo quando è già a terra può anche essere ammirevole, ma è difficile accettare la loro opinione principale, che sia possibile distinguere tra l’Irving "buono", lo storico meticoloso e tenace, e l’Irving "cattivo", il propagandista con le sue opinioni bizzarre circa le camere a gas e la sua insinuazione che gli ebrei si dovrebbero interrogarsi sul perché i nazisti fossero così presi dall’idea di ucciderli.

Il motivo è che, come è stato chiarito dalla sentenza di questa settimana, è quasi impossibile separare le attività dell’Irving storico dalle sue idee politiche. Il giudice Gray, infatti, ha ammesso che "la sua conoscenza della Seconda Guerra Mondiale è impareggiabile", ma ha anche concluso che Irving ha, "per i propri motivi ideologici, travisato e manipolato l’evidenza storica in maniera insistente e deliberata". Il giudice ha evidenziato 19 casi in cui la difesa ha sostenuto che Irving aveva distorto intenzionalmente l’evidenza storica: "Sono giunto alla conclusione che le critiche mosse dagli imputati sono quasi invariabilmente ben fondate", ha rilevato il giudice. Per esempio, come prova della sua affermazione che le camere a gas ad Auschwitz fossero un’invenzione Irving ha addotto un rapporto di Fred Leuchtner, uno statunitense esperto autodidatta di tecniche di esecuzione il cui lavoro era già stato screditato in un caso di tribunale in Canada.

Perché Irving avrebbe dovuto abbandonarsi a quest’opera di deformazione? Le prove che sono state presentate in tribunale hanno dimostrato in maniera inconfutabile che in politica Irving è di estrema destra. Alla corte sono state mostrare immagini di Irving che pronunciava discorsi a raduni di estrema destra in Germania. Come ha rilevato Watt nel suo articolo, in queste apparizioni Irving "sembra e parla come Hitler in maniera inquietante". La corte ha anche ascoltato passi dei discorsi di Irving a vari raduni di estrema destra in tutto il mondo, e passi dei suoi diari. In uno di essi Irving fa un compiaciuto riferimento ad una cena alla quale aveva partecipato e nella quale si era brindato a Hitler. Irving aveva commentato "non avevo il bicchiere, dato che non bevo". Sulla base di tutte queste prove, il giudice ha ritenuto che Irving sia un attivo negatore dell’Olocausto", un antisemita e un "razzista in combutta con estremisti di destra che promuovono il neonazismo".

Quanto ad Irving, impassibile per l’intima convinzione del vero ossessionato, egli non rinnega niente. Mentre ascoltava la sentenza in maniche di camicia, dato che, mentre si avviava verso il tribunale la giacca del suo abito era stata la vittima di un uovo ben mirato, non ha mostrato alcun segno di rammarico o di disagio. Anzi, ha promesso immediatamente che porterà il suo caso davanti alla Corte d’Appello.

Dopo essere stato portato via dalle guardie Irving è tornato subito al suo sito Internet che ha usato per aggiornare quella che chiama la sua "banda" di "consulenti mondiali". Lì la sentenza è stata trattata come poco più di un incidente appena imbarazzante. Sul sito Irving promette di continuare a lottare contro la Lipstadt e i suoi "ufficiali pagatori israeliani".

Resta il mistero su chi continui a fornire il denaro per la sua campagna. Parte del denaro deve andare al sito Internet di Irving, che è elaborato ed esauriente. Comunque Irving potrebbe essere vicino alla bancarotta. Probabilmente continuerà a smerciare la sua versione distorta della storia fino al suo ultimo respiro. Questo processo gli ha fatto molta pubblicità, il che potrebbe essere il motivo primario per cui ha deciso di adire le vie legali. Tuttavia ora la speranza deve essere che, anche se Irving continuerà a parlare e a scrivere, sempre meno persone lo ascolteranno e lo leggeranno.

 

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Ultimo aggiornamento: 16/01/10