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"...eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto si volgerá nuovamente al bene,che ritorneranno l'ordine, la pace, la serenitá"Annalies Marie Frank
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Ha’aretz del 2 gennaio 2001

Ancora sul diritto al ritorno dei palestinesi

di Ze’ev Schiff

 

Indovinello: le vite di quante famiglie, su un totale di 420.000 abitanti della Striscia di Gaza che vivono ancora nei campi profughi, sono state migliorate con le grandi somme di denaro che l’Autorità Palestinese ha ricevuto dai paesi donatori dalla firma degli accordi di Oslo nel 1993? Risposta: nessuna. Questo fatto prova che la leadership palestinese fondamentalmente non è affatto diversa dai capi dei paesi arabi che per diverse generazioni hanno messo al primo posto delle loro rispettive agende il desiderio di perpetuare la situazione negativa dei profughi palestinesi, ma non il desiderio di mettere fine, persino di alleviare le loro sofferenze. L’unica differenza è che i profughi che vivono ancora sotto l’Autorità Palestinese sono carne e sangue dei leader palestinesi, e vivono sotto il loro regime.

Tuttavia, l’atteggiamento sostanzialmente indifferente da parte dei leader dell’Autorità Palestinese nei confronti delle condizioni dei profughi palestinesi, ovviamente, non impedisce ai rappresentanti palestinesi alla conferenza multilaterale sulla questione dei profughi che è stata costituita dopo la conferenza di pace di Madrid di esigere contributi sempre maggiori allo scopo di "aiutare a migliorare le vite dei profughi".

Altro indovinello: qual è la somma totale che i palestinesi esigono a titolo di risarcimento complessivo per la situazione dei profughi che si è creata con la guerra del 1948? Risposta: approssimativamente 550 miliardi di dollari! A questa summa, destinata ad una serie di problemi diversi, sono arrivati i rappresentanti delle principali nazioni occidentali in una conferenza sulla questione dei profughi dopo aver calcolato le rivendicazioni dei palestinesi. Un esponente palestinese, Abu Mazen (alias Mahmud Abbas) è considerato uno dei membri più "moderati" della leadership palestinese. Abu Mazen, vice del presidente dell’Autorità Palestinese Yasser Arafat, dopo l’ultimo vertice di Camp David ha affermato che gli importi da pagare per indennizzare i palestinesi dovrebbero essere versati solo da Israele a non dovrebbero provenire da fondi internazionali d’indennizzo. In breve, Israele deve vendere tutto ciò che possiede mentre gli altri paesi devono accantonare enormi somme di denaro provenienti dalla loro ricchezza lorda per soddisfare le richieste d’indennizzo palestinesi.

Ma la storia non finisce qui. Recentemente Mahar Al-Kurd, consigliere economico di Arafat, ha dichiarato che, oltre al risarcimento per i profughi, i palestinesi avrebbero preteso "un indennizzo per i danni subiti per l’occupazione [israeliane] a partire dal 1967". Questo "conto" separato comprende persino un indennizzo per lo "sfruttamento" sia delle spiagge palestinesi sul Mar Morto sia delle falde acquifere sotterranee che Israele ha estratto, oltre alla restituzione delle imposte dirette e indirette, comprese quelle relative alle attività turistiche, che Israele ha riscosso dai palestinesi. Sebbene questa lista addizionale di richieste suoni come una presa in giro Al-Kurd afferma che lui e diversi suoi colleghi hanno udito gli esperti israeliani darvi indirettamente il loro consenso.

Riguardo agli esperti ci si dovrebbe guardare da "esperti" israeliani che fanno promesse senza che nessuno li abbia autorizzati a farne, perché il problema del "diritto al ritorno" dei palestinesi non è veramente un problema. Questi esperti fanno affidamento sul loro buon senso, non su quello dei palestinesi. Sarebbe una buona idea confrontare quello che gli esponenti palestinesi dicono oggi con quello che dicevano dopo la firma degli accordi di Oslo. Dopo che gli accordi di Oslo furono firmati, questi esponenti affermarono che i profughi non erano veramente interessati a tornare in Israele e che il punto era semplicemente di garantire il diritto al ritorno, non l’esercizio di quel diritto. Pertanto, la sola rivendicazione che gli esponenti palestinesi avanzarono sul punto dei profughi palestinesi fu che Israele rilasciasse una dichiarazione che riconoscesse la sua responsabilità nella nascita del problema dei profughi. Non si dovrebbe prestare credito a queste parole, dette per ingraziarsi qualcuno. Nei colloqui privati, quelli responsabili tra gli esponenti palestinesi dicono ufficiosamente che nessuno sa veramente quanti palestinesi vogliano tornare in Israele. Secondo questi responsabili leader un’altissima percentuale dei profughi in Libano, dove i governi che si sono succeduti non si sono mai mostrati interessati alla possibilità che essi rimangano là, vorranno sicuramente tornare nella regione israeliana della Galilea.

L’attuale posizione palestinese su questo punto è riassunta in un documento ufficiale che è stato presentato a Camp David. Finché quel documento non sarà dichiarato nullo e privo di validità deve essere preso molto sul serio. Il documento è talmente estremo che potrebbe essere considerato una presa in giro, se non fosse per il fatto che sembra un maniera per distruggere Israele dall’interno. Ecco alcuni esempi: israele risarcià anche paesi (come la Siria e la Giordania) che hanno dato asilo ai profughi; l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina sarà indennizzata per le proprietà pubbliche che rimarranno in Israele; i profughi che torenranno in Israele non devono essere fatti insediare in zone che potrebbero mettere in pericolo le loro vite o il loro benessere, o che manchino di infrastrutture adeguate; Israele deve cambiare le sue leggi allo scopo di assistere i profughi nella loro integrazione; i profughi che tornassero in Israele riceveranno automaticamente la cittadinanza israeliana; il diritto di ritorno non avrà limiti di tempo, anche se il processo di registrazione si estenderà su un periodo di cinque anni; e un comitato internazionale vigilerà in Isarele per assicurarsi che i profughi si integrino e siano protetti.

E’ chiaro che la posizione di Israele sul ritorno dei profughi in Israele vero e proprio è diventata più rigida sulla scia dei disordini ai quali hanno partecipato gli arabi israeliani. Il merito di questo "risultato" può essere attribuito al deputato del Balad (Alleanza Nazionaldemocratica) Azmi Bishara, i cui sostenitori hanno incraggiato i disordini. Però bisogna fare di più. Israele deve chiarie una volta di più che, in rapporto al diritto al ritorno non possono essereci compromessi e che, se Israele deve scegliere tra fare concessioni su questo punto e andare alla guerra. 

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Ultimo aggiornamento: 16/01/10