Massimo  Teodori:

Ma Pannella vuole rifare il partito radicale, sì o no?

Il Foglio - 5/3/1999

 

Anch’io ho ricevuto l’invito per l’Assemblea dei radicali per la rivoluzione liberale e gli Stati Uniti d’Europa convocata per oggi da Emma Bonino, commissaria europea di successo, e da Marco Cappato, ventisettenne "in-terprete di un radicalismo fotogenico, tecnologico e internazionale" (Ceccarelli, La Stampa). Da radicale superstorico posso permettermi di sollevare qualche interrogativo irrispettoso.

Assemblea, per che fare?

"Per la rivoluzione liberale e gli Stati Uniti d’Europa". Due mete magnifiche ma stratosferiche. Dove sono finiti i piccoli passi e gli obiettivi concreti che sono stati sempre dei radicali? E come li si perseguono? "Nonviolenza e referendum". Così si ribaltano le proclamazioni sui referendum evirati dal "regime", e sulla nonviolenza da utilizzarsi solo come complemento della politica. E quali referendum per la rivoluzione dietro l’angolo?

Quelli per il "nuovo blocco sociale delle partita Iva". Sarà un grande progetto, ma sa di rimasticature economicistiche. I radicali hanno pesato quando hanno dato voce ai diritti civili senza trasposizioni sociologiche. E gli Stati Uniti d’Europa? Forse si vuole parlare di liste europee. Però sarebbe meglio chiarire se l’ipotesi è la lista di Pannella che ha sempre preferito la solitudine dell’uno-due per cento duro e puro, oppure il rassemblement evocato dall’iniziativa Bonino-Segni. Le due cose sono incompatibili anche se qualcuno, con contorcimenti, pensa il contrario. Pannella ha già lasciato cadere un appello che lo chiamava alla testa di un raggruppamento di liberali per l’Europa. E ora?

Oppure il progetto riguarda la riesumazione di qualcosa di simile a un partito? E quale sarebbe la "filosofia" sopravvenuta dopo la teoria infinita degli scioglimenti, delle sospensioni, delle transnazionalizzazioni? Se si vuole un nuovo partito, non si può non chiedere come si fa, con chi, e perché. Tutto è legittimo fare gli eretici - nel centrodestra o nel centrosinistra, navigare fuori e contro gli schieramenti, essere contemporaneamente bipartitici e micropartitici - purché non ci si affidi alle idee che restano nascoste nella testa di Giove. I progetti politici, come è noto, hanno l’imprinting di chi li fa, e non si può dimenticare che la storia pannelliana dell’ultimo decennio è segnata dalla ferrea volontà di dissolvere qualsiasi dato organizzato che non fosse legato alla sua persona. Si può prescindere da questo macigno?

Veniamo senza ipocrisia al punto Pannella. A Marco, si dice, occorre "dare l’occasione per rientrare". Allora l’Ergife è un’operazione di Bonino in auge per rilanciare Pannella in sonno? Sarebbe un’ottima cosa. In tal caso, però, con tutto l’affetto che si deve a Marco, non si può non chiedergli se vuole continuare l’usa e getta che ha praticato con sempre maggiore virulenza, oppure se ha in mente un qualche nuovo inizio. Se invece si vuole affermare la nuova leadership Bonino, è bene sapere se è in accordo o in concorrenza con Pannella. Ed Emma dovrebbe dire se la sua pulsione profonda, a parte la trovatina di Emma for President, sta nella carriera a Bruxelles o in altri scacchieri internazionali, come merita; oppure se ha voglia e capacità per guidare una forza di minoranza immersa nell’aspra conflittualità italiana senza riguardi a destra e a sinistra.

Gli interrogativi non finiscono più. La "cosa" radicale, quale effettivamente è oggi, è ancora adatta a sostenere un duro ma non velleitario cammino politico? E’ sufficiente la supermilitanza di gruppi che sfiorano il fanatismo? E’ compatibile un patrimonio radicale di un centinaio di miliardi in mano a privati che non rispondono a nessuno? Pannella, sempre più solo, è padrone o è prigioniero del circuito vizioso che ha creato intorno a sé con "talebani" e "gestori"? O è proprio questo malessere dell’avere senza essere che spinge a "mettere in gioco il patrimonio "? Il vuoto lasciato dal partito radicale è drammatico, incolmabile. E’ vero che la democrazia italiana è più che mai nella palude, ma l’assenza radicale vi ha contribuito non poco. Non in quanto il regime cinico e baro ha chiuso la bocca a Pannella, bensì per l’harakiri che lo stesso leader ha praticato facendo fuori ogni traccia di radicalismo organizzato. Da dove si vuole ripartire? Si è riflettuto sulle ragioni della diaspora radicale con la dispersione di un prezioso patrimonio politico e umano? L’assemblea dell’Ergife è costituente o applaudente? Vota, decide o semplicemente ascolta?

Non posso che fare l’augurio più caldo ai "mille", pronto a raggiungerli per imprese difficili e coraggiose. A condizione però che non si tratti di un’altra ginnastica politica per tenere in esercizio il popolo radicale animato da straordinaria passione e intelligenza.

Carissimi amici e compagni, ricordatevi di Salvemini: "Oscuramente possono parlare tutti, chiaro pochi. Chiarezza nell’espressione è probità nel pensiero e nell’azione. Oscurità nell’espressione produce, e non già nasconde, obliquità morale".